I segreti del sakè giapponese
Con un'ora di macchina o poco più da Shiraoi arriviamo ad Otaru un porto di 130.000 abitanti, sulla costa meridionale di Hokkaido, che si affaccia sul Mar del Giappone, che ebbe il suo fulgore a cavallo dei secoli XIX e XX come testimoniano i magazzini e le costruzioni che tanto ricordano l'Europa del nord est.
La nostra prima tappa la facciamo ad una cantina di sakè (quella del signor Tanaka) che è alle porte della zona storica e che qua propone ai turisti una visita con degustazione per vedere come si fa il famoso "vino" di riso, passiamo così da osservare come viene trattato e ridotto il chicco del cereale, che darà poi la bevanda alcolica (l'amido che serve alla fermentazione è al centro del chicco, quindi più si riduce più il sakè è pregiato), fino a vederlo impastare in un ambiente caldo a 35° e poi passare in dei "tini" di acciaio ove viene mescolato, fatto sobbollire, fermentare al fresco fino a dare un primo succo fresco e spumoso...
Io non sono un grande intenditore di questa bevanda, che, come tanti, avevo, prima di imbattermi nel pianeta Giappone, conosciuta calda, come fine pasto al ristorante cinese in Italia nei lontani anni novanta, ma qua si parla di un altro prodotto, un altro sapore, profumi che cambiano a seconda del tipo di riso usato, del tempo, della maturazione...insomma una vera cultura del sakè mi è stata svelata in questa circostanza.