Vivere da stranieri in Giappone (e nel mondo)

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Il Giappone visto da chi non lo frequenta molto

Naomi Osaka foto di Andrew Henkelman

Prendo spunto da uno spot della Nike giapponese, che nel Paese del Sol Levante sta facendo parlare di sé, fino a dar fiato, come spesso accade, ai corrispondenti delle più grandi testate occidentali, nel nostro caso italiane, che dalla Cina, che è diventato il fulcro di quella parte di mondo, devono parlare per forza anche dei Paesi confinanti e così, anche avendo una conoscenza superficiale dei problemi e degli avvenimenti, vivendo a migliaia di chilometri, immersi in una società completamente differente, per giustificare il loro stipendio mi dico, leggendo molti articoli poco documentati, mettono in fila una serie di ovvietà e raccontano un Giappone ricco di banalità ad un pubblico italiano che rarissimamente ha i mezzi per accorgersene, e di questo abbiamo parlato anche in un post precedente.
La réclame della casa di articoli sportivi, evocando nelle immagini anche in modo un po' improprio la tennista Naomi Osaka (che è nata sì in Giappone da madre nipponica e padre haitiano e quindi è cittadina giapponese, ma poi di fatto è cresciuta dall'età di tre anni negli USA- foto di Andrew Henkelman), segue una tematica percorsa anche altrove: "con lo sport si abbattono le barriere, le discriminazioni, i razzismi" come potete vedere adesso su Youtube, video che, però, io avevo visto proposto dal quotidiano la Repubblica ai suoi lettori (ora da loro è stato rimosso), corredato da un commento del loro inviato che scrive da Nanchino, in Cina che potete leggere.

Il problema degli zainichi nel Sol Levante

alunni in Giappone

Lo spot, che nella versione proposta sottotitolata in Italiano, probabilmente con un traduttore automatico, visto che le scritte in sovrimpressione che si potevano leggere nella versione rimossa erano completamente sgrammaticate, fa vedere tre ragazzine che si affermano con lo sport e fa esplicitamente riferimento allo spiacevole fenomeno giapponese degli zainichi, cioè di coloro che essendo figli di stranieri, pur nati in Giappone, magari anche da genitori essi stessi nati nel Sol Levante non possono diventare cittadini giapponesi, ma si fingono tali.
Di questo fenomeno ero a conoscenza da molto tempo, Yumiko mi raccontava, infatti, di una sua compagna di liceo, che aveva nome e cognome giapponesi per quel che ne sapessero lei e gli altri alunni, ma che quando un giorno, alla soglia delle vacanze estive, lei le domandò cosa facesse in quel periodo, la sua compagna le rispose:" Vado a casa", al che Yumiko non capiva cosa volesse dire, infatti, la sua amica nata in Giappone, con nome e cognome giapponese, le fece vedere il suo passaporto coreano, dove aveva un nome coreano del tutto diverso, da quello con cui era conosciuta (ovviamente gli insegnati lo sapevano) e raccomandandosi di non dir nulla agli altri ha portato avanti la sua vita da giapponese pur non essendolo sulla carta.
Questo fenomeno, che ci risulta certamente strano, nasce essenzialmente dal fatto che in Giappone è importante essere uniformato agli altri, tanto che come citato anche in altri post uno dei loro proverbi preferiti è: "il chiodo che sporge deve essere battuto", cioè cerchiamo di essere tutti il più uguali possibili e facciamo marciare il nostro Paese all'unisono, come è nei dettami del neo-confucianesimo di cui siamo intrisi. Chiaro è che essere straniero, era, ed in parte è tutt'ora una cosa strana nel Sol Levante. Poi metteteci che molti Giapponesi sono nazionalisti, conservatori, in poche parole di destra, ed il gioco si irrigidisce ancora di più.

Il Giappone non concede la doppia cittadinanza

ragazza con abito caratteristico coreano

Da una frettolosa analisi (io l'ho pensato, erroneamente credo, per una ventina di anni) si capisce che ragazzi di seconda, o terza generazione, pur nati in Giappone, rimangono sempre cittadini di altre nazioni e per amalgamarsi agli altri, arrivano a prendere un nome giapponese a dispetto dei propri dati anagrafici, con una ovvia sofferenza psicologica ed un complesso di inferiorità sociale.
Parlando di questo spot con Yumiko, però, e consapevole che io, come persona sposata con un cittadino giapponese, potrei, trasferendomi nel Sol Levante e facendo carta straccia della cittadinanza italiana, diventare cittadino giapponese, dopo un numero minimo di anni di residenza là, non capivo come, per chi vi nascesse o vi si fosse trasferito da decenni, non esistesse una qualche possibilità di diventare cittadino del Sol Levante.
Abbiamo letto quindi sul web che il Giappone non nega la cittadinanza a chi si stabilisce per sempre nel Sol Levante e ha una serie logica di requisiti, ma volendo le autorità nipponiche, che i propri cittadini, abbiano una sola ed unica cittadinanza chiedono, a chi lo voglia, di rinunciare alla propria, e non quindi, come si potrebbe immaginare, essa viene negata per sempre.
Il Giappone quindi, come l'Italia del resto, riconosce la cittadinanza o per sangue, o per matrimonio, o in seguito ad un lungo trasferimento, che diventi stabile dopo un numero prefissato di anni, ma mentre in Italia si possono tenere anche due cittadinanze, in Giappone no (come in molti altri stati, anche europei)... è per questo che ragazzi nipoti di cinesi, o coreani (o di chi credete) stabilitisi in Giappone, magari settanta anni fa, ancora non sono sudditi del Mikado, perché i loro nonni e poi i loro genitori non hanno voluto (anche giustamente se vogliamo) troncare i rapporti con le proprie origini e per necessità hanno preferito darsi un nome e un cognome nipponico con gli altri, così da non essere il chiodo da battere della situazione.

Una frettolosa analisi della società giapponese

viaggiappone in Giappone

Ho avuto voglia di parlare di questo argomento dopo essere venuto a conoscenza di questo video in un post pubblicato in un gruppo Facebook che frequento, il solito Japanitaly, dove, sopratutto credo leggendo l'articolo a corredo dello spot che sosteneva tali tesi, lo "scandalo" maggiore era dato dal fatto che molti Giapponesi si erano lasciati a commenti contro la Nike per l'argomento trattato, minacciandone il boicottaggio, anche sostenendo che il problema non esiste e che lo spot era una presa di posizione razzista verso il Giappone stesso, il tutto come se esso fosse un atteggiamento univoco del popolo giapponese tutto.
Un nostro carissimo amico, profondo conoscitore del Giappone, con una battuta movimentava la discussione a riguardo in un commento: "Prima regola dei problemi in Giappone, mai parlare dei problemi in Giappone." A cui io, con ironia, rispondevo: "Non ci sono problemi in Giappone.", ma sia io che il nostro amico avevamo dato, probabilmente, una lettura frettolosa dell'argomento trattato.
E' infatti innegabile che i Giapponesi non amino sollevare mai problemi, tanto che se un Giapponese vi chiede: "Come va? (Genki desu ka?)" . Voi avrete una sola risposta a disposizione: "Bene (Genki desu)", questo anche se vi siete svegliati col mal di testa, o se avete qualche problema più grave, ma forse qua il discorso era un altro, cioè che se parli con un Giapponese di un qualche limite, o problema, o semplicemente anacronismo presente nella società nipponica esso o non vi risponderà, o al massimo riderà scuotendo il capo, o caso limite negherà l'esistenza del problema sollevato.

Ultra nazionalisti nipponici

E' così che davanti a questa pubblicità, ove si volevano sollevare dei problemi sociali che nascono dalla globalizzazione a contatto con la cultura giapponese, molti leoni da tastiera nipponici si sono lanciati contro il noto marchio dicendo che dava una lettura falsata della società nipponica e offendevano il popolo tutto.
Al che Yumiko (che non dismette mai i panni giapponesi anche se da 20 anni risiede in Italia) mi ha fatto presente che la maggioranza dei giapponesi è nazionalista, vota da sempre un partito conservatore, quindi di destra e che molti degli scriventi questo tipo di commenti, sono simpatizzanti dell'ala estrema della destra al governo (che è però una minoranza) e se non prendono spesso un opinione mettendo la faccia in interventi pubblici, qua lo fanno dietro allo schermo del web.
Aggiungiamo poi che i nostri amici giapponesi nel loro DNA hanno davvero uno scarso senso dell'autocritica e dell'ironia come la concepiamo in occidente, e che prendono tutto, o quasi, sul serio (questo lo dico per esperienza diretta, mai scherzare troppo con Giapponese, non vi capirebbe) ed il gioco è fatto.

Uno spot che parla di un problema non solo giapponese

migranti

In ogni modo riflettendo ho pensato che forse il problema giapponese non è sono nipponico, ma in certi versi mondiale, provate, infatti, in Italia a realizzare un video sulla bontà dello "Ius soli", perché è anche di questo alla fine che parla il video della Nike, se non si è capito, o dire che chi viene da una realtà culturale differente dalla nostra non è integrato nel Bel Paese e poi ditemi di che toni saranno molti interventi.
Per intendersi meglio, è come quando sono affondate imbarcazioni nel Mediterraneo cariche di migranti provocando la morte atroce di decine, centinaia di persone, o più semplicemente si parla di esseri umani che abbandonano i loro paesi per fame o guerre i commenti, molti, la maggioranza purtroppo, sono quasi sempre, inauditi, minacciosi, razzisti. Credo, però, che sarete d'accordo con me nel dire che quei commenti non rappresentano l'Italia intera, e se essi sono soverchianti è perché, chi la pensa in modo differente spesso è intimorito dai toni e così non si schiera. Posso, per esemplificare meglio, raccontare un episodio che mi ha coinvolto direttamente da poco.
Un paio di settimane fa ho comentato su Facebook una diretta del sindaco della mia città, invitandolo ad introdurvi un ordinanza per limitare il fumo all'aperto, come successo a Milano. Il primo cittadino il giorno seguente mi ha risposto in modo positivo, non introducendo un'ordinanza, che sarebbe stata politicamente vista come un'imposizione, ma dicendo che era d'accordo e che avrebbe lavorato in tal senso portando l'argomento in Consiglio comunale... La notizia ha preso i titoli delle testate locali per un paio di giorni, con frasi del tipo : "Il Sindaco vuole una città senza fumo". I commenti sul web, la maggior parte dei commenti, sono stati completamente fuori luogo, hanno detto che il primo cittadino si doveva occupare di altro, che la città era degradata per colpa degli immigrati, che non si fa nulla per reprimere lo spaccio e si è buttato odio sulle famose risorse, anche se l'argomento era un altro, ed in pochi hanno riportato la loro opinione sul fumo per strada... Anche in Giappone esistono questi commentatori, ma essendo i Giapponesi privi o quasi di parolacce nel loro vocabolario e poco diretti nell'argomentare, il meglio che riescono a fare è scrivere che certe cose non esistono e di non comprare le scarpe di una marca... ma questo non significa che questa è la voce del popolo giapponese, almeno io, dopo averci pensato un po' sopra, non lo credo. La voce del popolo giapponese è forse fioca e pur identificando il problema non fa molto per risolverlo, come purtroppo quasi ovunque nel mondo.

Le esperienze dirette di viaggiappone

viaggiappone in Italia

Certo l'Italia è stato un porto di mare da sempre, un crogiolo di popolazioni dalla notte dei tempi mentre i Giapponesi erano un popolo "puro", certo quando Yumiko è entrata in casa mia in Italia i miei non si sono opposti, mentre i suoi ci hanno provato, ma come ho scritto più volte, poi (dopo 9 anni) hanno assecondato la nostra volontà ed ormai sono per loro un figlio, certo in qualche raro caso nei miei lunghi soggiorni giapponesi alcuni mi hanno trattato con un briciolo di diffidenza o freddezza, ma un atteggiamento razzista, di stupida superiorità dettata dall'ignoranza, Yumiko lo deve ingoiare spesso quando esce da sola o quando pare essere sola (quando usciamo assieme se si accorgono della mia presenza evitano, oppure litigo malamente con chi si azzarda), nella nostra verde Toscana, che si fa vanto di liberalità, ma dove, purtroppo, la poca conoscenza degli altri è più forte di ogni cosa ed il diverso è sempre guardato come un diverso, come, anzi peggio che non la pubblicità della Nike che ha fatto scaturire il mio post, finché straniero nella mente dei più suonerà come strano e non come arricchimento culturale faremo pochi passi in avanti, ma di questo parlerò in un altro momento.

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