Il turismo in Giappone dopo il coronavirus

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Il Giappone si era appena scoperto Paese a grande vocazione turistica

Nakamise-dori, Tokyo

Vagando sui rulli dei social network mi capita spesso di imbattermi in post di enti istituzionali nipponici dediti al turismo e alla rappresentanza del Sol Levante in Italia che reclamizzano, con belle foto, il nostro amato Giappone, così da ricordare al mondo le bellezze di quel Paese che, però, come abbiamo in un recente post ricordato, ha chiuso i suoi confini per preservarsi dall'incidenza del Nuovo Corona virus, così da far sospirare e disperare in una qualche riapertura anche al turismo.
Queste réclame sono frutto di una campagna pubblicitaria specchio di una politica di apertura al turismo internazionale su cui il Giappone aveva però scommesso molto, un turismo che, complice anche un crollo dei prezzi aerei rispetto al passato e un contenimento del valore dello Yen sulle principiali valute, aveva fatto aprire i confini del Mikado anche nei confronti del così detto turismo di massa, così da veder levitare gli ingressi degli stranieri.
Si è passati, infatti dai sei milioni di ingressi nel 2008 di cui nemmeno cinque di turisti, agli otto del 2012, fino al boom di trentadue milioni del 2019 che dovevano arrivare a quaranta nel 2020, per le Olimpiadi rimandate a causa della pandemia di Nuovo Coronavirus, e alla, per il Giappone davvero folle, cifra di 60 milioni di vacanzieri nel 2030!

Ripensare il turismo di massa nel Sol Levante

Mercato Kuromon, Osaka

Un business aumentato in alcune realtà a dismisura che se ha portato ricchezza ad alcuni, ha portato senza dubbio disagi ad altri, fino a snaturare alcune realtà, così da far ripensare, adesso che il flusso turistico estero è del tutto bloccato, in un prossimo futuro, alle modalità di come riaprire il Sol Levante ai viaggiatori curiosi di tutto il mondo.
Mi diceva ad esempio Yumiko di aver letto sul quotidiano "Mainichi Shinbun", in edizione on-line del 4 aprile scorso, un articolo che parlava del mercato di Kuromon ad Osaka, un pittoresco mercato coperto, che sorge nella zona di Nanba, a pochi passi dalla famosa e sbrilluccicante Dotonbori, noto nel passato tra i Giapponesi gourmet col soprannome di: "La cucina del Sol Levante" e che si è guadagnato, in breve tempo, la nomea di "Regno del Tabearuki" (letteralmente mangiare camminando) spesso dozzinale e cucito su misura dei turisti che arrivavano tra i banchi dei negozi fino a 30.000 al giorno a cercare sashimi di pesce palla o takoyaki (polpette di pastella con dentro un tentacolino di polpo, tako) innescando, così, un'inesorabile fuga dei vecchi fruitori che sono andati altrove a cercare i prodotti della cultura gastronomica che prima trovavano là.

Il mercato di Kuromon ad Osaka emblema della crisi turistica in atto

Dotonbori, Osaka

Nell'articolo in questione il giornalista narrava quindi di essere passato dal mercato nel 2016, faticando a camminare tra i trolley dei turisti che lo assediavano già di buon mattino e di aver trovato, al suo ritorno oggi, molte saracinesche abbassate in modo per ora definitivo ed un flusso minimo di acquirenti, e così, intervistando il signor Yoshida, rappresentate degli esercenti di Kuromon, si è sentito dire che forse i commercianti si erano già accorti che i vecchi clienti erano spariti, ma si erano adeguati alla nuova richiesta senza grandi preoccupazioni, essendo il flusso di consumatori stranieri talmente grande da supplire con gli interessi la perdita dei vecchi clienti, tanto che anche l'attuale primo ministro Suga, al tempo uno dei membri del governo Abe, era andato fino a Kuromon per testimoniare e lodare il grande successo di questo mercato nella politica di turismo in ingresso.
Ad Osaka negli ultimi anni grandissimo è stato il flusso turistico soprattutto asiatico (in maggior numero cinese), un fenomeno che anche noi abbiamo potuto constatare personalmente fino ad esser turbati vedendo un vero stravolgimento della metropoli del Kansai dall'inizio degli anni dieci in poi, faticando in alcune zone commerciali e turistiche a trovare un giapponese, un grande afflusso di gaijin (stranieri estranei alla cultura del Sol Levante in giapponese) che ha cambiato negativamente la città, insozzando le strade, che erano sempre linde, di cicche e cartacce.

Il fragile equilibrio della cultura del Sol Levante e le orde "barbariche" del turismo di massa

Foresta di bambù, Kyoto

Uno stravolgimento che abbiamo potuto constatare fortemente a Kyoto, ed in misura minore (ma evidente nelle zone a maggior richiamo turistico) a Tokyo, o in realtà minori, ma nel circuito dei tour, come Kanazawa, Takayama o Shirakawa-go, che, da villaggio sperduto tra le montagne, è diventata una "San Marino" ingolfata di Bus turistici, o nella nostra Fukuoka che è del tutto fuori dai tour di occidentali, ma è porto di sbarco delle grandi navi da crociera provenienti dai vicini paesi asiatici che vi riversa(va)no quotidianamente migliaia di turisti mordi e fuggi nei centri commerciali cittadini.
Un aumento di ingressi indiscriminato e per certi versi davvero poco preparato, così ad esempio nella nostra amata Kyoto abbiamo visto levitare il numero di hotel, ma nel contempo rimanere pressoché invariati i servizi pubblici, facendo sì che chi non lavora direttamente nel settore ha iniziato a vivere con molta insofferenza lo stravolgimento dell'equilibrio nipponico, fatto di silenzio, pulizia e rispetto delle tante regole e facendo perdere a certe zone il fascino che avevano nel passato.
Un luogo su tutti è la famosa foresta di bambù ad Arashiyama, che ho avuto modo di vedere per la prima volta nel 2010 e poi di anno in anno sempre più affollata fino a faticare a trovare un passaggio, come il corso di una città di provincia sotto le feste di Natale, quando il mondo era normale e che ho rivisto poi deserta (e così sarà anche oggi) in un giorno piovoso della passata primavera (2020) quando il Giappone aveva chiuso i battenti al mondo (noi eravamo entrati in precedenza).

Ripartire con un turismo rispettoso e sostenibile è il nuovo mantra in Giappone e nel resto del mondo...

Senso-ji. Tokyo

Nel articolo di cui parlavamo, poi, intervistatore ed intervistato si dicevano convinti che fosse necessario rivedere le modalità del turismo nel Sol Levante, parlavano di turismo di qualità e sostenibile badando al rispetto delle tradizioni nipponiche, anche se sinceramente non saprei come sarà possibile, da parte nostra, nell'organizzare i nostri tour, abbiamo sempre cercato di diversificare le visite, portando i nostri gruppi di curiosi viaggiatori, per quanto possibile, anche in luoghi al di fuori dal flusso turistico di massa, luoghi bellissimi, ma meno frequentati (fortunatamente), perché non sono finiti in nessun film o in nessuna copertina diversificando così un po' le mete.
Un turismo ripensato a livello mondiale, che ci dovrebbe vedere tutti più consapevoli, sarebbe auspicabile, ed ho in mente, mentre scrivo, ad esempio Firenze (noi viviamo ad una sessantina di chilometri dal capoluogo toscano, quando non siamo in Giappone) che ho visto stravolgere negli anni da bolge di turisti poco consapevoli, o la nostra amata chiesetta di Vitaleta in Val d'Orcia, dove prima arrivavamo infangandoci come meta di entusiasmanti trekking solitari, mentre ora è sempre assediata da tanti curiosi agrituristi in cerca di uno scatto da calendario che vi arrivano ormai in automobile, ma sinceramente non saprei come rendere il flusso di curiosa umanità sostenibile, se non chiudendo i confini, o alzando i costi, visto che tutti hanno voglia e diritto di vedere il mondo ed in pochi hanno l'educazione e la preparazione per farlo...

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