Bianchezza mezza bellezza, nella cultura Giapponese

Un viaggio nel cuore del Giappone più profondo che svelerà modernità e tradizioni antiche andando fuori dalle solite rotte turistiche, senza dimenticare le mete più amate.
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- Scritto da dani@viaggiappone.com
Bianche come il latte le signore giapponesi

E' noto che le donne giapponesi non amino il sole, e vogliano avere una carnagione bianco latte, questo gusto estetico pare essere arrivato in Giappone dalla Cina in epoca Tang (VII-VIII), assieme al buddismo, alla scrittura e a tante altre arti testimoniate nella coeva epoca Nara.
Il tutto deriva dal fatto che le donne costrette a lavorare all'aperto prendevano un colore brunito considerato dai canoni estetici come brutto, e il colore chiaro quasi bianco della pelle era visto, oltre che sinonimo di bellezza anche di nobiltà; nulla di troppo diverso dai gusti dell'Europa dal XVII-XIXsecolo.
Tracce di questo gusto per un algida bellezza si hanno codificate anche nel Ishinhou enciclopedia dell'epoca Heian (IX-XIII sec.) ed anche nei coevi diari di Murasaki Shikibu, dove si legge che per essere bella la donna deve avere una pelle bianchissima, come se fosse di porcellana.
Bianchi come le gli attori del teatro Kabuki
Mentre si hanno poche testimonianze in tema nell'epoca Kamakura, l'epoca del governo dei Samurai (XIII-XV sec.), le abbiamo nuovamente in tempi a noi più prossimi in un libro il Miyako-Fuuzoku-Kewaiden , del 1813, dove si ribadisce il gusto per una pelle bianchissima. Gusto rafforzato dal fatto che gli attori di Kabuki , che erano gli idoli del momento, comparivano in scena con tinte bianchissime sul volto, colore ottenuto all'epoca con un prodotto a base di piombo, nonostante fosse chiaro che facesse male, infatti in quel periodo si contarono alcune vittime per colpa di avvelenamenti dovuti al tossico metallo.
Nell'epoca Meiji (XIX sec.) arrivano in Giappone i primi articoli per il make-up stranieri e la cipria comincia a non essere più soltanto color panna, ma anche rosata; in questo periodo arrivano anche le prime creme a protezione solare, usate non certo per prendere il sole senza scottarsi, ma per preservarsi dai raggi dell'astro febeo.
Paese che vai creme che trovi, in Giappone sono sbiancanti

Le prime creme sbiancanti sbarcano nel Paese del Sol Levante alla metà del secolo scorso, e sono subito adottate per rendere omogeneo e senza alcuna macchia il volto delle signore, addirittura si utilizzano prodotti che hanno come ingredienti le feci di un usignolo nipponico, l'uguisu, che pare abbiano effetto sbiancante e rigenerante sulla pelle.
Dagli anni settanta, invece appaino le linee sbiancanti come da noi esistono le abbronzanti, che pubblicizzano i loro prodotti con l'approssimarsi della bella stagione visto che oggi le donne giapponesi vivono sicuramente molto più all'aperto delle loro nonne, ed è buffo per noi vedere questo fenomeno all'incontrario.
Altro motivo che porta le signore giapponesi ad affrontare le belle giornate sotto un ombrellino, o un cappello dalle larghe falde, o con le braccia coperte da lunghi guanti anche d'estate è la paura di cedere ai segni dell'invecchiamento, ed il sole è risaputo fa invecchiare la pelle, uno studio nipponico illustra ad esempio che le signore di Kagoshima, nel sud del paese hanno una pelle in media di otto ani più invecchiata delle loro compatriote di Akita nel nord dell'arcipelago nipponico.
Negli ultimi venti anni è cresciuto anche l'utilizzo della chirurgia estetica per togliere via ogni imperfezione della pelle contro l'abitudine di non modificare la natura che apparteneva alla cultura giapponese.
Una coppia italo-giapponese ed il sole, levante e non solo

Io che sono un uomo mediterraneo cresciuto al sole e con le amiche che al contrario si abbrustolivano d'estate e spalmavano di improbabile “terra” d'inverno, per avere sempre un po' di abbronzatura, ho messo un po' a capire questo canone di bellezza.
E' così che con Yumiko, all'inizio della nostra vita assieme, ho faticato a comprendere il suo fuggire il sole, ma poi ho capito che i raggi le fanno male, vengono macchie ed eritemi ed è meglio quindi che si copra come possibile, con visiere (quando facciamo trekking) ed anche ombrellini, anche se negli anni (ormai sono 20 anni che sta in Italia con me) il suo iniziale atteggiamento di repulsione al sole si è senz'altro ammorbidito, tanto che quando è possibile andiamo cercare il nostro relax sul Mar Rosso (figuratevi!) e così con protezioni forti, cappelli e maglietta Yumiko ha scoperto lo snorkeling e la bellezza di leggere o dormicchiare sotto l'ombrellone guardano il mare, tanto che più di una volta ci siamo regalati anche dei bei soggiorni ai tropici giapponesi sulle spiagge di Ishigaki ed Okinawa (dove in spiaggia in costume spesso sono il solo come vedete in foto) o nel nostro Sud Italia che adoriamo, ovviamente un po' si abbronza, ma non diteglielo sennò si stranisce... e poi tutti gli anni (tranne che per questo cattivo 2020) armata di ombrellino affronta il sole rovente del Giappone accompagnando con me curiosi viaggiatori italiani alla scoperta del suo Paese di nascita.
Questo gusto per la pelle color della porcellana è rimasto immutato nei secoli, e neppure la forte occidentalizzazione del Paese del Sol Levante ha fatto sì che cambiassero i gusti verso l'imperante tintarella proposta dalla globalizzazione, ancor oggi infatti in Giappone si “dice che : “ la pelle bianca copre sette difetti”, al posto del nostro “altezza mezza bellezza”.

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