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- Scritto da dani@viaggiappone.com
Due parole sulla cucina giapponese
Come tante cose, anche tutto ciò che ruota attorno al tema "mangiare", in Giappone può risultare differente dalle nostre italiche abitudini... ma d'altronde si fanno almeno 10.000 km per arrivarci, e qualcosa deve per forza cambiare, per questo ci è venuta voglia di raccontare ai nostri lettori qualcosa in più per informarli per semplice curiosità o prepararli se abbiano in conto un viaggio nel Sol Levante.
Il pasto classico giapponese ha come altrove una derivazione contadina o comunque modesta ed era pensato sopratutto per tirare avanti con quel poco che il convento passava ogni giorno. C'era un po' di riso da cui prendere l'energia dei carboidrati, una zuppa calda fatta con pesto di soia fermentato per le proteine (il miso), arricchita con qualche verdura di terra (radici, erbe) o di mare (alghe) e attorno ad essa si accostavano i piatti, ed i prodotti che la stagione e le disponibilità personali vi davano.
Fino alla metà del XIX secolo la religione buddista e la morale pubblica imponevano poi, al così detto popolo, una dieta per lo più vegetariana e al massimo arrivava un "ovetto" o un po' di pesce ad arricchire il menù, mentre samurai, notabili ed "alto clero" se potevano mangiavano di tutto. Con la modernizzazione del paese la cucina dei ricchi è arrivata sulle tavole di molti (mangiare carne di vitello addirittura veniva consigliato dallo stato) e si è venuta a creare l'attutale la cucina giapponese che addirittura l'UNESCO ha annoverato tra i beni immateriali da conservare.