In Giappone l'igiene si impara sui banchi di scuola

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Un filtro tra i giapponesi e la natura

picnic di hanami in Giappone

I Giapponesi amano molto la natura, tanto che la loro religione autoctona, lo Shintoismo, è un culto che dalla notte dei tempi mette sugli altari gli elementi, ed addirittura venera montagne, grandi alberi, massi, scogli o cascate come vere divinità e, come sappiamo bene, fin dall'antichià il popolo giapponese è educato alla contemplazione dei fiori, ma se avrete modo di frequentare dei giapponesi vi accorgerete che tra loro ed il mondo esterno c'è un filtro, una barriera che preservi la pulizia della persona dagli agenti esterni.
Ad esempio quando è il periodo di hanami, cioè il momento in cui in massa si vanno a guardare i fiori di ciliegio nei parchi pubblici, negli orti botanici, nei giardini dei santuari o in qualche lungo fiume di un'anonima periferia, che al momento si illumina di rara bellezza, vedremo apparire una selva di teli di plastica azzurra, su cui ci si siede per il rituale pic nic, così da isolare il terreno dalle terga e dalle vivande che vengono apparecchiate per i commensali, un rito per i giapponesi a cui partecipano gruppi di amici di ogni età, famiglie, o colleghi di ufficio, pensate che gli impiegati del primo anno vanno con il telo azzurro a prendere posto fin dal mattino, così che i colleghi più anziani ed i capoufficio possano trovar posto asciutto a sedere sotto gli alberi, e poi tutti salgono sul telo senza le scarpe, che lasciano al limitare, così come si fa quando si entra a casa. Anche noi quando andiamo a fare un pic nic in Giappone con okasan ed otosan ci portiamo dietro un'incerata, la nostra è colorata, così da non sporcarci con l'erba o la terra.

La prima cosa che si impara a scuola in Giappone: lavarsi le mani!

bimbi si lavano mani in Giappone

Questa attenzione all'igiene i giapponesi l'apprendono sui banchi di scuola fin da piccoli, la prima cosa o quasi che si impara è, infatti, lavarsi le mani, in modo attento e preciso, operazione che si insegna di fare ogni volta che si rientra a casa, Yumiko, che ha cinque anni meno di me, mi raccontava che ai suoi tempi alla scuola elementare per il primo mese tutte le mattine i bimbi si applicavano nel lavaggio delle mani come una materia di insegnamento... Materia che in Italia è stata affidata alle famiglie, almeno lo era ancora negli anni in cui ho fatto le scuole elementari (gli anni settanta), quando avevamo un rapporto con l'igiene personale più ottocentesco che contemporaneo, anche se tutti siamo stati educati a lavarci le mani prima di mangiare o dopo aver fatto pipì, ma spesso devo dirlo era (ed è) una sciacquatina.
Questo lavare lo sporco dalle mani si perpetra ogni volta che si va al santuario con le abluzioni che si fanno allo chozuya che non è paragonabile alla nostra acquasantiera, dove ci si limita ad una pucciatina benedetta prima farsi il segno della croce.
Certo Yumiko in Italia ha faticato un po' ad abituarsi alle nostre abitudine un più naif riguardo i contanti col mondo esterno e così adesso si siede su una panchina senza mettere un fazzoletto di carta sopra, ed anzi visto che siamo soliti far trekking in campagna ormai si siede su pietre, gradini o prati senza pensarci troppo su, ma dopo che ho fatto pipi dietro un cespuglio mi insegue per lavarmi le mani con la bottiglia d'acqua o l'amuchina, cosa che se sono solo in un bosco non faccio mai... ma che non fanno nemmeno le tante persone con cui vado a camminare nei monti o a cercar funghi.
E' così che Yumiko, ritornando dalla palestra, uno dei pochi luoghi dove si trova sola con altre signore italiane mi dice sempre (anche adesso che dovremmo aver capito che ci si deve lavare le mani) che è inutile, le sue colleghe di arti ginniche, dopo aver sanificato con una una svogliata spruzzata di disinfettante gli attrezzi utilizzati, si fiondano nello spogliatoio e, senza lavarsi le mani, iniziano a far tutto il resto, così, come si è sempre stupita di come (e questo lo posso testimoniare anche io da maschietto) che anche nei bagni pubblici almeno la metà degli avventori non si lavano le mani dopo aver fatto il da farsi, cosa che devo dire ho sempre fatto, magari un tempo in modo più svogliato e meno pensato di ora, ma ho sempre fatto.

Lo sporco del mondo esterno rimane fuori dalle abitazioni del Sol Levante

scarpe in Giappone

L'igiene visto come un lasciare fuori da se stessi il mondo esterno lo vediamo anche nell'abitudine che hanno i giapponesi di togliersi le scarpe prima di entrare in casa (o in alcuni luoghi pubblici ), uso che non è bizzarria di alcune famiglie, ma la normalità assoluta di tutti, tanto che la casa giapponese nasce con un genkan uno spazio apposito all'ingresso un po' più basso rispetto al pavimento, dove, di solito, è la scarpiera e dove ci si toglie le scarpe per indossare le pantofole... anzi prima in molte famiglie (compresa quella di Yumichan) è buona regola, dopo essersi lavati appassionatamente le mani ed aver fatto dei rumorosi quanto benefici gargarismi, così da sputar via eventuali impurità respirate, lavarsi i piedi (addirittura nel passato in estate una prima lavata di piedi ci veniva fatta fare ad una cannella esterna).
Per quanto riguarda il togliersi le scarpe prima di entrare in casa regola che dopo un po' mi stufava durante i miei lunghi soggiorni giapponesi, sopratutto perché soffro di mal di schiena ed ogni volta abbassarmi per slacciare ed allacciare è una tortura, devo dire che per anni ho pensato che fosse impossibile imporre a chi veniva da noi di togliersi le scarpe per accedere a casa nostra in Toscana, perché certo è che la magione rimane più pulita se ci si cammina in ciabatte e la lordura esterna rimane fuori, ma è capitato che il mio migliore amico ha fatto mettere nella sua nuova casa un parquet scuro che si rovina semplicemente a guardarlo e così ha messo l'obbligo di stare scalzi o in ciabattine da hotel che fornisce agli invitati (a tutti senza deroghe) e così anche noi abbiamo iniziato da un annetto ad applicare questa regola a casa nostra anche in Italia, regola che con il propagarsi del Corona virus ho visto essere diventata prassi in sempre un maggior numero di abitazioni. Certo non è facile, sopratutto se ti bussa un parente o chi che sia per una visita improvvisa e veloce far togliere le scarpe all'uscio di casa e così sapendo questa nostra usanza, tranne i più solidi frequentatori di casa, le visite si sono quasi azzerate.
L'igiene nipponico si affaccia nella cucina di okasan che nel badare alla casa ed alla preparazione dei manicaretti è sempre organizzatissima, un tagliere è per le verdure, uno per il pesce ed uno per la carne, un canovaccio per asciugare le mani, un altro per i piatti e ogni sua azione è sempre preceduta da una sonora e solenne lavata di mani, tanto che pensavo che se le sarebbe consumate prima o poi, ma si sta certi che né virus, né batteri abbiano vita facile con una mamma giapponese.

L'abitudine alle mascherine in Giappone c'è da più di cento anni

antica pubblicità progresso in Giappone

Altro filtro tra l'uomo ed il mondo circostante che i Giapponesi hanno "sempre" usato sono senz'altro le mascherine, come ricorderete che scrivevamo anche in un articolo di qualche anno addietro, un aiuto per contrastare i pollini di cui in molti sono allergici (Yumiko compresa) ed i bacilli del raffreddore o dell'influenza così da limitare attaccandolo agli altri di arrecar loro un disturbo, più che per paura di ammalarsi, tanto che con il gruppo di viaggiappone della primavera 2019 all'aeroporto di Narita prima di tornare in Italia ci siamo fatti una profetica fotografia a prenderci gioco dei tanti nipponici con mascherina che avevamo incontrato nel nostro tour, ed io in tutto questo tempo ho pensato a quel momento in cui sembrava impossibile che il mondo intero dovesse indossarla per cercare di sfuggire un virus sconosciuto e bastardo.
Ma come mostrano alcune fotografie di disegni, che abbiamo visto su Yahooo Japan, ad illustrare una mostra sull'argomento malattie infettive ai primi del XX secolo la buona abitudine all'isolamento del malato, l'uso della mascherina e l'igiene delle mani erano considerati un valido mezzo per contrastare la terribile "influenza" spagnola o le mandate di morbillo o varicella che arrivavano via via nel Paese del Sol Levante. L'utilizzo delle mascherine di garza tra la popolazione per contrastare le "pestilenze" pare essere stato inventato dal cinese Wu in Manciuria attorno al 1912, proprio in un contrasto epidemico, mettendo una sull'altra 6 garze a parare bocca e naso, anche se medici austriaci e francesi pochi decenni prima avevano messo in pratica delle mascherine ante litteram per accingersi ad operare i propri pazienti, avendo capito che bacilli e virus dalla saliva potevano infettare i degenti.
Riguardo questa tematica devo dire che la mascherina in Giappone era obbligatoria per accedere agli ospedali anche in tempi non sospetti, e che Yumiko si stupisse inizialmente di come agli interni degli ospedali italiani non le indossasse nessuno al di fuori delle sale operatorie.
Ricordo bene il fratello di mia nonna, che era un medico nato nel 1912, che ogni volta sbuffava per lavarsi le mani quando era a cena da lei tornando dall'ambulatorio dicendo: "i bacilli sono talmente tanti che è inutile che mi lavo le mani"... Tanto che le campagne sul lavarsi le mani in ospedale, in Italia, sono davvero recenti.

L'andamento del Covid-19 a fine luglio 2020 in Giappone

Viaggiappone in Giappone primavera 2020

Forse sono stati questi atteggiamenti per noi esageratamente igienici, accompagnati dalla ritrosia ai contatti fisici con gli estranei e alla super pulizia degli spazi comuni (come sa bene chi in Giappone sia stato almeno una volta), che hanno fino ad ora limitato il numero dei contagi da nuovo Corona virus in Giappone, se lo confrontiamo ai paesi europei ed alla nostra Italia, infatti ad oggi che scrivo (27/07/2020), pur essendoci un aumento dei contagi da Covid 19 davanti ad una riapertura anche degli eventi al pubblico, ma sopratutto dei locali delle zone così dette a luci rosse il Giappone conta un totale di casi di 29.989 (in Italia per avere un termine di paragone siamo a 246.000), ma la cosa che lascia tutti basiti è il numero davvero esiguo di vittime procurate da questa malattia nell'arcipelago nipponico (996 contro i 35.107 dell'Italia), ma dobbiamo dire anche in altre zone del così detto estremo oriente, fatto che ha spinto i governati giapponesi a non bloccare mai del tutto la propria economia, dove uffici e fabbriche non hanno mai chiuso, o relegare la gente in casa davanti a percentuali di letalità più basse, per quel che riguarda il Paese del Sol Levante, dell'influenza stagionale, oltre al fatto che la loro Costituzione come dicevamo in un precedente articolo vieta restrizioni e limitazioni alla libertà dell'individuo.
Questa situazione più rosea che altrove, come abbiamo potuto testimoniare direttamente nel nostro soggiorno nipponico nei mesi di marzo, aprile e metà di maggio ha fatto sì che pian piano il Sol Levante si isolasse dal resto del mondo chiudendo i propri confini a tutti gli stranieri, anche ai residenti che erano dovuti uscire per un qualche motivo trovandosi poi inibiti ad un rientro (anche se mentre scriviamo sappiamo che ad essi si dovrebbe riaprire l'ingresso a brevissimo), ed anche ovviamente al turismo estero, settore che alla fine incide sul PIL nazionale solo dello 0,4% contro il nostro (italiano) circa 10% facendo avere al Giappone un atteggiamento ad oggi molto più prudente dell'Europa nel riaprire i confini agli stranieri, portando avanti una tradizione che come sappiamo ha alternato aperture a chiusure verso il resto del mondo, sentendosi bastanti a se stessi nel loro microcosmo".
A noi che vorremmo vivere un po' nel Belpaese e un po' nel Sol Levante, e sopratutto che del viaggiare in Giappone abbiamo fatto un'arte non ci rimane che sperare che presto le cose si normalizzino ed i limiti territoriali giapponesi si riaprano e tutti si possa presto tornare a mangiare ramen e sushi come gli Dei giapponesi comandano.

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