Un'alta vita media nelle isole del Sol levante

blog signori in Giappone

Ieri sera mentre mangiavo una bistecca alla fiorentina, accompagnata da un paio di bicchieri di vino rosso di questi paraggi, vizio che noi toscani abbiamo di tanto in tanto, mia moglie Yumiko, preoccupata dal mio costante appetito, ha iniziato a raccontarmi di un documentario visto nel pomeriggio su NHK, la tv dello stato giapponese, dove si poneva attenzione sui dati pubblicati lo scorso 28 febbraio dal ministero della salute nipponico sulla vita media nel Paese del Sol Levante, che come tutti sappiamo è la più alta al mondo.
Così mi ha detto che questa, pur salendo, grazie all'avanzarsi della ricerca e al quasi scomparire della mortalità infantile ai 79,59 anni per gli uomini ed ai 86,35 per le donne si assiste ad interessanti variazioni se si va ad osservare nello specifico la mortalità nelle varie prefetture.

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I Giapponesi e le regole di convivenza

scolari

Mia moglie Yumiko, pur essendo dodici anni che vive in Italia, non si capacita ancora della noncuranza che molti italiani hanno nel contravvenire le norme, specie se queste sono state generate per regolamentare la convivenza tra esseri umani; per questo, alcuni giorni fa, mi ha letto un sondaggio realizzato da VOYAGE GROUP a cui hanno risposto circa 140.000 giapponesi, grazie al quale si poteva capire che anche in Giappone la vita di relazione sta “peggiorando”.
Il tema del sondaggio era: ”Se nessuno ti vedesse seguiresti le regole?” L'inchiesta era riferita alle piccole trasgressioni che in Italia rientrano nel vivere normale, come ad esempio il comportamento che si può assumere di fronte ad un semaforo rosso, di notte, senza macchine che transitino e senza testimoni.
Dal sondaggio è emerso che, nella fascia dei cinquantenni, quelli che attraverserebbero superano coloro che aspetterebbero diligentemente il verde, tra i sessantenni assistiamo ad un pareggio, mentre tra i settantenni la quasi totalità aspetterebbe il verde.
In proposito, posso dire che spesso Yumichan, se non c'è nessun testimone, al semaforo, passa col rosso, anche in Giappone, mentre io, più spesso di lei, mi comporto come un vecchio giapponese.

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I monaci buddisti in Giappone elevano il loro spirito anche mangiando

shojin ryori

Qualche tempo addietro abbiamo pubblicato una breve recensione su un ristorante vegetariano, legato ad un tempio zen a Kyoto, il quale, oltre a dar da mangiare ai monaci quando sono in particolari momenti di meditazione nel loro cammino di elevazione spirituale, organizza banchetti di purificazione alla fine della prima settimana di un lutto e ospita chi voglia anche semplicemente provare come si può arrivare all'esaltazione del sapore per i cibi più semplici, in questo post, quindi, vogliamo parlarvi un po' di più di questo modo particolare di avvicinarsi ai cibi detto shojin ryori.
La cucina shojn, giunta in Giappone nel VI secolo insieme col buddismo, infatti, utilizza solamente riso e verdure, non contempla animali di alcun tipo, né nessun derivato da essi, proprio perché deve aiutare nel momento di purificazione, tanto è vero che lo stesso termine giapponese shiojin lo si può tradurre con catarsi, ma anche con rigoroso e devoto.
I monaci, dunque, si astengono da qualsiasi tipo di carni, ma fanno un'eccezione quando queste vengono regalate, perché sarebbe un peccato maggiore non avere rispetto del dono ricevuto e lasciar deperire e sprecare quanto è stato donato.
Per i motivi sopra elencati potremmo quindi più correttamente parlare, invece che di arte culinaria vegetariana, di cucina vegana.

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Quando il Giappone si aprì all'occidente

armatura Giappone

La storia del Giappone è diversa da quella di molti paesi anche asiatici ed è stata dettata spesso da un isolazionismo che l'ha preservato incontaminato fino al XIX secolo. Da quel momento i suoi regnanti, per non vedere la loro nazione conquistata dalle potenze occidentali in piena espansione coloniale, si aprono alla cultura ed alle tecniche provenienti dall'occidente. Danno, così, il via ad una modernizzazione forzata del Giappone e lo trasformano in uno stato non assoggettabile, con cui si sarebbe dovuto avere a che fare da un punto di vista commerciale e diplomatico.
E' così che, dalla seconda metà dell'ottocento, tra i tanti europei che attraversano l'Asia seguendo il business della seta, delle lacche o semplicemente in cerca di fortuna, alcuni Italiani volgono la propria attenzione al Paese del Sol Levante. In questo mio post voglio raccontare di due Italiani molto diversi, che hanno in comune l' aver fatto il giro del mondo, anche se a distanza di una ventina di anni, e l'essere rimasti entrambi incantati dal Giappone, al punto di lasciarci delle splendide testimonianze su questa nazione.

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Scrivi il mio nome in Giapponese?

Scrittura in in Giappone

Mi scuso in anticipo con tutti i lettori amanti e studiosi della lingua giapponese, oggi, dopo vari episodi, qualche mio blando studio in proposito e sotto la guida di Yum-chan cercherò di spiegare qualcosa in più sulla lingua giapponese rivolgendomi a chi ancora ha scarse conoscenze materia.
Spesso, quando io e Yumiko ci incontriamo con qualcuno che non ha una grande conoscenza del Giappone, pur avendo simpatia per il Paese del Sol Levante, tra le prime domande che ci fa c'è quella inerente il come si trascriva il proprio nome in Giapponese, immaginando che questo venga trascritto con dei sinuosi ideogrammi, con pregnanti kanji...,magari da trasformare poi in un bel tatuaggio. Quando questo accade leggiamo immancabilmente un po' di delusione negli occhi di chi ci ha fatto al domanda perché si rende conto che il nome si trascrive con dei semplici “segnetti”...dato che lei ha usato il katakana, una delle tre modalità di scrittura; in questo caso quello che si usa per traslitterare le parole straniere... E così tutti immancabilmente ci dicono : “ah ma allora non sono ideogrammi”... Al che per far capire al volo a chi ho di fronte che spesso è completamente digiuno di Giappone esco dicendo, “come pensi che si abbia idea del tuo nome in Giappone...e quindi come fa ad esistere l'ideogramma equivalente, se non se ne ha idea?” … l'ultima volta mi è successa ieri.
A questo punto alcuni di voi diranno: “eppure a me hanno scritto il nome in ideogrammi”, e devo dire che è comunque possibile, infatti, utilizzare i kanji o meglio i loro suoni per rimettere su le parole straniere. Sopratutto nell'antichità tutte le parole dovevano avere il loro equivalente in kanji, pensate alle parole portoghesi o olandesi apprese nel XVI secolo, ma quei segni non esprimono nessuna idea, ma semplicemente un suono, che riproduce ciò che si è sentito...questo modo di traslitterare è detto ateji...ed è appunto usato per rendere il suono dei nomi occidentali soprattutto se ce lo volessimo tatuare.
E' per questo motivo che ho pensato di “spiegare” o meglio di provare a spiegare il più semplicemente possibile a chi legge questo blog quanto sia “complicata” la lingua del sol levante.

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Cosa è viaggiappone?

viaggiappone

Viaggiapppone nasce come condivisione dei viaggi nel Paese del Sol levante fatti da Yumiko e Dani tenendo sempre presente quali possano essere i problemi oggettivi che un Italiano in vacanza in Giappone possa incontrare, dando una mano così tramite tante informazioni, foto e diari frutto dei tanti viaggi (ormai non si contano più quelli fatti insieme).
Viaggiappone, con la propria esperienza, progetta e si mette alla testa di viaggi di gruppo alla scoperta del Sol Levante che vengono realizzati da un tour operator leader nel settore.
Le spese del sito vengono coperte dagli acquisti effettuati tramite queste pagine (booking, assicurazioni, Amazon ecc) senza che per voi ci siano costi in più...quindi se vi piace sosteneteci!
Viaggiappone è anche cultura e società giapponese nel tentativo di presentare un Giappone reale e al di fuori dei luoghi comuni a chi si è appassionato di questo lontano paese o che lo voglia visitare...

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