Shojin ryori cucina vegetariana in Giappone

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I monaci buddisti in Giappone elevano il loro spirito anche mangiando

shojin ryori

Qualche tempo addietro abbiamo pubblicato una breve recensione su un ristorante vegetariano, legato ad un tempio zen a Kyoto, il quale, oltre a dar da mangiare ai monaci quando sono in particolari momenti di meditazione nel loro cammino di elevazione spirituale, organizza banchetti di purificazione alla fine della prima settimana di un lutto e ospita chi voglia anche semplicemente provare come si può arrivare all'esaltazione del sapore per i cibi più semplici, in questo post, quindi, vogliamo parlarvi un po' di più di questo modo particolare di avvicinarsi ai cibi detto shojin ryori.
La cucina shojn, giunta in Giappone nel VI secolo insieme col buddismo, infatti, utilizza solamente riso e verdure, non contempla animali di alcun tipo, né nessun derivato da essi, proprio perché deve aiutare nel momento di purificazione, tanto è vero che lo stesso termine giapponese shiojin lo si può tradurre con catarsi, ma anche con rigoroso e devoto.
I monaci, dunque, si astengono da qualsiasi tipo di carni, ma fanno un'eccezione quando queste vengono regalate, perché sarebbe un peccato maggiore non avere rispetto del dono ricevuto e lasciar deperire e sprecare quanto è stato donato.
Per i motivi sopra elencati potremmo quindi più correttamente parlare, invece che di arte culinaria vegetariana, di cucina vegana.

Essenzialità ed amore alla base della cucina zen

shojin ryori

Il cuoco del tempio è detto tenzo ed è una figura in grande considerazione che, per cucinare, segue dei precetti molto importanti: deve avvicinarsi alle sue verdure ed al riso con cui comporrà il pasto con lo stesso amore che un genitore può avere nei riguardi di un figlio; deve cercare di non sprecare nulla, (ad esempio le bucce vengono usate per fare il brodo); deve curare la presentazione del piatto che deve essere essenziale, ma non povera, deve utilizzare i cibi di stagione e poi rimettere a posto la cucina con la stessa passione con cui ha preparato il pasto (ho provato anche io a mettermi in tale disposizione d'animo, ma sinceramente provo meno piacere a rassettare che cucinare).
I monaci del tempio, sopratutto in periodi di ascetica meditazione, non mangiano di certo le varietà di piatti che vi verranno proposti in un ristorante di shojin ryori, ma un po' di riso e poco più. Ristoranti del genere, sono presenti sopratutto a Kyoto e sempre legati ad un tempio, perché la shojin ryori non è stata pensata per gli esterni, ma è nata per i bonzi e veniva praticata nel monastero, con l'eccezione di qualche pranzo organizzato nelle case dei privati quando c'era un lutto familiare.
Altro luogo dove avrete facilmente tale opportunità è il monte Koya dove soggiornando presso un tempio potrete fare tale esperienza gastronomica, così come noi stessi abbiamo avuto la fortuna di poter provare.

Nessun sapore preminente nella cucina dei monaci zen giapponesi

shojin ryori

In questa particolare cucina, oltre alle carni ed ai suoi derivati, non si utilizzano spezie particolarmente odorose che coprirebbero gli altri sapori, così come non si usano né aglio né cipolla che, col loro gusto, annebbierebbero i sapori più delicati che la tradizione zen tende ad esaltare.
Oltre le verdure, le alghe ed il riso, in un ristorante di shojin ryori c'è il modo di gustare anche dell'ottimo tofu o altri prodotti della soia.
L'unica critica che possa essere fatta a questo tipo di cucina è quella che, nonostante la grande varietà di piccole porzioni che vengono proposte, il cliente si alzerà da tavola leggero, soprattutto se è una “buona forchetta” magari anche affamata, ma almeno avrà la soddisfazione di essere riuscito ad elevare il proprio spirito.

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