Storia giapponese: Periodo Edo Tokugawa (quarta parte)

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Un viaggio nel cuore del Giappone più profondo che svelerà modernità e tradizioni antiche andando fuori dalle solite rotte turistiche, senza dimenticare le mete più amate.

Nuove tasse per salvare il Giappone del secolo XVIII dalla crisi economica

Yoshimune Tokugawa

Il secolo XVIII è in Giappone un secolo di crisi finanziaria e sostanziale stagnazione politica, tanto quanto di fervente sviluppo sociale e vivace vita culturale. Il 1716 vede un Tokugawa del ramo di Kii salire al trono shogunale: si tratta di Yoshimune, uomo allevato alla politica ed all'amministrazione, che si trova in mano una situazione economica disastrata ed un bakufu indebitato fino al collo.
Per uscire da questa situazione decide di fare una serie di riforme dette Kyohei, tra le quali quella, per i nobili, di slegarsi dall'obbligo di residenza in Edo se non dietro il versamento di un'apposita tassa..
Cercò di spremere meglio anche i poveri contadini che, se fino ad ora avevano pagato i tributi in relazione all'annata, adesso dovevano versare una tassa fissa, il che provocò delle ribellioni sanguinose.
Anche i commercianti, che si erano arricchiti vendendo sopratutto alla classe bushi, videro ridursi notevolmente le loro aspettative di ulteriori guadagni, visto che, con un semplice colpo di spugna, il bakufu aveva cancellato tutti i debiti della classe guerriera nei loro confronti.
Anche i Samurai, comunque, furono colpiti economicamente perché si cercò di far rinascere un'economia monetaria svalutando il prezzo del koku di riso col quale essi erano retribuiti...Chi ci guadagnò fu il bakufu che riprese fiato per andare avanti altri 150 anni, anche se, dopo Yoshimune, di grandi shogun non ce ne furono più.

Edo (Tokyo) diventa la città più popolosa del mondo

Edo-Tokyo, mappa antica

Gli succedettero, nel 1745, Ieshige e, nel 1760, Ieharu, uomini di bassa levatura che affidarono il Giappone al gran ciambellano Tanuma Okitsugu che è conosciuto per la sua propensione ad essere corrotto e per aver fallito una serie di riforme monetarie e commerciali. Egli passò la mano , nel 1787, a Ienari, quando questi divenne shogun, il quale regnò sul Giappone più di tutti i suoi predecessori, fino al 1837.
inizialmente lo stato fu amministrato dalla reggenza di Matsudaira Sadanobu che cercò di applicare una serie di riforme volte a far tornare i contadini che si erano allontani dalla terra per ingrossare il proletariato urbano. Non appena Ienari iniziò a governare da solo, si disinteressò delle riforme e così il paese, stretto da una dilagante carestia, vide nascere feroci rivolte nel 1836 che culminarono con una grande ribellione ad Osaka. I fatti lo costrinsero ad abdicare in favore del figlio Ieyoshi che si affidò a Mizuno Tadakuni il quale cercò, in modo poco efficace, di riassestare le finanze con una politica di austerità che non fece altro che bloccare la poca economia esistente.
Il periodo Edo è il momento in cui si formarono i grandi centri abitati Giapponesi; la futura Tokyo, già nel XVIII secolo, raggiunse un milione di abitanti (Londra ne aveva circa 800.000) anche grazie a politiche che incoraggiavano a trasferirvisi: ad esempio, tra le tante riforme era stata approvata quella di far pagar meno tasse a mercanti e prodotti che venivano dal Kanto. Più piccola, ma non meno importante è la città di Kyoto che era, pur sempre, la capitale imperiale dello stato, mentre Osaka, che era il porto interno dal quale passavano la gran parte delle merci, si estende notevolmente, oltre ad una serie di città più piccole, ma che acquisiscono dignità urbana, attorno al castello del Daimyo come Nagoya, Hiroshima o Kanazawa.

Pittura, divulgazione e scuola nel Giappone dei Tokugawa

Suzuki Harunobu

Sorge, così, una società urbana che dà vita ad una cultura borghese alla quale è legata la nascita dell'arte della stampa (ukyo-e, storie del mondo fluttuante) che ha come tematiche non più tanto la natura quanto scene di vita cittadina: sono i secoli che daranno i natali ai vari Suzuki Harunobu, Utamaro, Hokusai ed Hiroshige che impersonano nella nostra mente l'immaginario di pittura giapponese che tanto ha influenzato anche l'arte occidentale dei secoli XIX e XX.
Sono secoli in cui appaiono tanti libri illustrati (i progenitori dei manga) di indirizzo popolare rivolti all'educazione delle classi più povere, che veniva impartita all'interno dei monasteri (terakoya) ed era volta all'insegnamento, almeno della lettura e della scrittura. Lo stesso è avvenuto, in un certo senso, a proposito dei nostri seminari, anche se i terakoya non partono dal presupposto di creare dei bonzi, ma di alfabetizzare le masse, nonostante il fatto che l'editoria avrà a che fare con una censura moraleggiante che si fa viva a momenti alterni (un po' come l'indice di controriformistica memoria).
In Giappone, già all'inizio del XIX secolo, quindi, abbiamo un'alfabetizzazione buona, se si pensa che ad Edo ci sono 600 biblioteche che danno libri in prestito ed ad Osaka circa 300, per non contare quelle itineranti che prestano testi un po' in tutto il paese.

Il Paese del sol levante è costretto ad apririsi al mondo

Commodoro Perry

Il Giappone del 1800, dunque, si presenta chiuso in sé stesso con una sua cultura diversa da tutte le altre e con un'economia molto fragile. E' così che le potenze straniere, che stanno mettendo gli occhi sull'estremo oriente, iniziano a mettere gli occhi sul Paese del Sol levante.
Cominciarono i russi che si interessarono ai prodotti provenienti da Hokkaido e così i giapponesi si dovettero sbrigare a colonizzare la fredda isola del nord, fin ora considerata di poco conto ed abitata dagli Ainu sfruttati dal punto di vista tributario. E poi si affacciarono gli americani e gli inglesi, ma il Giappone, che non voleva far la fine della Cina che si era vista smembrare sotto le pressioni occidentali, si ostinava a mantenere i porti chiusi, anche se, nel frattempo, cercava di carpire i progressi occidentali sopratutto in campo bellico.
Si contarono così numerose incursioni nel tentativo di forzare il blocco dei porti, fino a quando il commodoro Perry, per conto degli USA, con un ultimatum, costrinse a più miti consigli il governo shogunale.
Il perché di tanto interesse era collegato al fatto che il Giappone era considerato un ponte nel Pacifico , un naturale attracco per le baleniere, oltre che un importante fornitore di prodotti artigianali che tanto piacevano a Londra, Parigi o New York.
Siamo, così, arrivati al 1859, quando, a piccoli passi, il Giappone si affaccia al mondo o meglio per adesso il mondo si affaccia sul Giappone, visto che fino alle rivoluzione Meiji (1868) i giapponesi ebbero il divieto di lasciare liberamente il Paese.

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