Il nostro ritorno nel Sol Levante

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Un viaggio nel cuore del Giappone più profondo che svelerà modernità e tradizioni antiche andando fuori dalle solite rotte turistiche, senza dimenticare le mete più amate.
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Scritto da dani@viaggiappone.com

La riapertura del Sol Levante senza o quasi restrizioni

Alla fine poi in Giappone ci siamo ritornati. Il tempo passava, tutti i paesi del mondo tranne la Cina e poco più si convincevano in modi differenti, più o meno spavaldi, che il Covid-19 in un certo qual modo era storia, o un bel raffreddore, e riaprivano i confini con sempre minori restrizioni, rincorrendo la voglia di viaggiare ed i soldi che la seguono, ma il nostro amato Sol Levante tentennava sazio dell'aureo isolamento che lo contraddistingue da sempre.
Per rivedere otosan ed okasan (il padre e la madre) Yumiko ed io ci eravamo decisi ad andare ugualmente già ai primi di settembre, dopo che nel Sol Levante, in cambio dei vaccini, avevano fatto pace con le quarantene, in modo tale che noi avessimo le carte in regola per poter partire.
Poi come saprete dall'undici di ottobre si sono riaperte le frontiere a tutti i "tridosati" (noi per essere sicuri ne abbiamo fatti quattro ed anche l'antinfluenzale) o a chi si procura un tampone molecolare, negativo ovviamente, e così visto anche che il biglietto noi già lo avevamo comprato con un contorto (che si deve evitare la Russia) Firenze - Parigi - Tokyo,il dodici novembre rimettevamo piede nel Sol Levante.

Primi lampi di Giappone

Io ero emozionato, ma chissà quanto lo è stata Yumiko di rientrare nel proprio paese dopo due anni e mezzo (sì perché se Dio vuole almeno il periodo del lockdown italiano lo avevamo passato qua essendoci arrivati ai primi di marzo del 2020, poco prima dello scoppiare del tutto, e guardandoci bene di rientrare Belpaese ove il sì sona prima della metà di maggio a restrizioni pian piano allentate) eravamo felici ciascuno a suo modo, di sentire gli annunci del treno che collega Haneda a Narita e che in poche fermate ci avrebbe portato a Shinbashi dove dormivamo.
Subito dopo aver lasciato le valige in hotel, "puzzolenti" e sconquassati dal viaggio (ma svegli per il fuso orario, e poi alla fine essendo partito di sera il volo abbiamo dormito anche parecchio) pur essendo in Giappone già le 22 passate siamo andati a mangiare un bel ramen... uno dei più buoni mangiati in tutta la mia vita di mangiatore di noodles, probabilmente perché il primo dopo così tanto tempo, il ramen della rinascita... un shoyu ramen leggero e gustoso.

Come abbiamo trovato il nostro Sol Levante?

Come era cambiato il Giappone nel frattempo? Poco se non che tutti (quasi tutti) tengono ancora sempre le mascherine anche se la loro obbligatorietà alla fine non c'è, se non dove ci siano cartelli a ricordarlo (stazioni, mezzi pubblici, alberghi e negozi), ma come sapete i giapponesi sono seri, molto seri e molto ligi a tutto gli venga "consigliato" dallo stato, quindi messa la mascherina uscendo di casa in molti la tolgono solo rientrando.
Yumiko ed io abbiamo retto tre minuti, poi quando si è all'aperto abbiamo deciso che il luogo migliore per la mascherina è la tasca del giubbotto.
Detto questo i Giapponesi pur seguendo come sempre la forma forme a nostro avviso si preoccupano poco del Covid adesso. Ad esempio sono riusciti a coniugarlo con gli onsen, cioè dentro gli onsen non è cambiato assolutamente nulla, ed io ad oggi ci son già tornato quattro volte, così i vecchietti continuano a sputacchiare in terra, le persone stanno senza mascherine appiccicate tra di loro, ma nude e con la pezzetta a coprire le pudenda, o senza nello spogliatoio, perché troppa è la tradizione, un po' come l'espresso al bar da noi, ed è, infatti uno dei pochi luoghi dove è stato concesso anche per scritto al chiuso di star senza mascherina praticamente sempre.
Ancora per entrare in hotel vi misurano (al check in) la temperatura, per far colazione la mattina anche, e vi fanno mettere dei magici guanti proteggi buffet e così, discretamente, anche se entrate nei grandi magazzini vi rilevano l'eventuale febbre con dei video scanner.
Altre cose cambiate per la pandemia sono che ai santuari shintoisti le padelline (chouzu) con cui ci si purificava l'anima lavando le mani sono sparite in cambio di fontanelle o nulla, come sono scomparse le funi (hontsubosuzu) con cui si scampanava per richiamare gli dei, ma pare ci sentano comunque bene lo stesso.
Nei ristoranti, anche nelle infime bettole dei pannelli divisori separano i commensali sconosciuti tra loro... ma a volte si tratta davvero di ridicoli separé, di legno o cartone, messi per soddisfare "la normativa del ministero di turno".

Finalmente di nuovo in viaggio in Giappone

Così dopo tre notti a Tokyo e un paio di giorni in marcia nella metropoli in compagnia delle nostre amiche della capitale, squassati dall'insonnia da fuso orario, invece di dirigersi verso Fukuoka dove abbiamo otosan ed okasan ci siamo regalati un viaggetto nel Tohoku, la regione resa famosa purtroppo dal terribile tsunami del 2011, dove non eravamo mai stati e dove abbiamo trovato i meravigliosi colori dell'autunno giapponese e manco a dirlo nessun segno del disastro di 11 anni prima.
Certo io sarei andato subito a casa e avrei fatto un viaggio dopo... ma era più conveniente (molto) far così. È un'altra grande differenza tra italiani e giapponesi.

La nostra cara famiglia giapponese

Arriviamo a Fukuoka di sera, di tardo pomeriggio, gli anni sono passati, ed otosan già da un po' col buio non è sicuro alla guida, arrivati in aeroporto allora spediamo il nostro bagaglio a casa (con 1000Y un servizio di JAL con cui volavamo) e così prendiamo la metropolitana per arrivare alla nostra dimora del Sol Levante, non senza mangiare prima un tonkotsu ramen, il ramen di Fukuoka, da Aka noren, un'istituzione in città.
Avvicinandosi alla casa che l'ha vista bambina (ci ha vissuto dalle medie fino a quando a 24 anni non è arrivata in Italia per non tornare più se non da "turista") a Yumiko le si addolcisce la voce, i ricordi, vuole fare la strada che faceva sempre, la salita sembra più lieve oggi, e poi finalmente: "Tadaima (siamo tornati)".
"Okairì" (ben tornarti) e per un po' siamo stati e siamo tutt'ora qua a ricominciare la nostra vita molto italo e giapponese.

P.S. arriviamo a pubblicare questo post con ritardo rispetto a quanto voluto, ad una decina di giorni dal rientro in Italia, dopo più di un mese che siamo arrivati in Giappone, perché siamo stati davvero presi da tante cose, ma nel frattempo abbiamo fatto tante foto, filmati, e preso nota di nuovi luoghi, nuove sensazioni per raccontare a chi ha ancora la voglia di seguirci il nostro Sol Levante.

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