La ceramica Giapponese

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Un viaggio nel cuore del Giappone più profondo che svelerà modernità e tradizioni antiche andando fuori dalle solite rotte turistiche, senza dimenticare le mete più amate.

I vasi più antichi in sono in Giappone

ceramica in Giappone

Oggi voglio soffermarmi sulla ceramica giapponese, cercando di spiegarne le differenze estetiche, ma senza entrare nei dettagli delle varie scuole che da millenni la producono in tutto il Paese del Sol Levante. Inizio, comunque , dicendo che il Giappone è il padre della terracotta; infatti ritrovamenti risalenti all'epoca Jomon, databili attorno al 10.000 avanti Cristo, fanno sì che si possa parlare di una civiltà basata sul vasellame già allora. Jomon, in proposito, significa imprimere con la corda infatti si utilizzavano funi per marcare le decorazioni geometriche che appaiono sui manufatti che contraddistinguono quella tecnica che si evolverà lentamente, dato l'isolamento naturale del paese.
Anche il nome della seconda epoca, quella Yayoi, è legato ai vasi di coccio, infatti questo è il nome di una località nei pressi di Tokyo dove sono stati rinvenuti vasi realizzati al tornio, a testimoniare un'evoluzione collegata alle innovazioni che giungevano dal vicino continente asiatico.

Raffinate porcellane giapponese pensate per gli europei

ceramica in Giappone

Sarà soltanto nel XIII secolo, però, che un artigiano di Seto, località nei pressi di Aichi, importò una tecnica più raffinata di produzione della ceramica nel paese del Sol Levante.
Io non sono un grande esperto di questo genere, che, anche nella nostra storia dell'arte, se ci allontaniamo un po' dai vasi Greci (cultura di cui latitano altre testimonianze grafico-pittoriche) è spesso relegato a fenomeno artigianale , per cui avevo un'idea tutta sbagliata di come fosse e di cosa fosse il vasellame nipponico. Avevo, infatti, in mente la porcellana cinese a fondo bianco con disegnini di pagode o fiori, che, ho scoperto poi, i Giapponesi avevano imparato ad emulare, creando un'industria dedita all'esportazione in occidente, tramite i contanti aperti con gli olandesi che davano particolari direttive sulla realizzazione del prodotto. Famose nel genere sono ad esempio le ceramiche della zona di Saga dove il maestro Kakiemon, nel XVI secolo, aveva raffinato una nuova tecnica di smaltatura e prodotto numerosi esemplari soprattutto per il mercato esterno, pezzi con disegni floreali ed altri elementi decorativi su fondo bianco, corrispondenti ai classici vasi che abbiamo tutti in mente.

Scoprire la ceramica giapponese dal divano dei suoceri

ceramica in Giappone

Mentre ero in Giappone, seduto su un divano dei miei suoceri, ho notato in un angolo della sala da pranzo dei grandi vasi, non del tutto regolari, con degli sbaffi nella smaltatura, accanto a vasi più consoni alla mia idea di vaso orientale, al che ho pensato fossero opere molto moderne, ma mia moglie Yumichan, al contrario, mi ha detto che erano tutti acquisti o regali fatti al suo nonno che era un collezionista di antiche ceramiche giapponesi.
A quel punto ho iniziato ad osservare le ceramiche poste sapientemente per casa e dentro il tokonoma piatti con decorazioni floreali a finco di vasi bruniti a sembrar di bronzo...
Ho scoperto così che esistono tra gli altri, vasi Tanba e Bizen, sui quali il decoro è lasciato al caso e dipende da speciali mescolature di perossidi che danno poi sfumature di colori, nate da sapienti shock termici, la cui realizzazione è tuttora nelle mani di abili maestri.
Pian piano mi sono,così, reso conto che anche spesso l'idea di ceramica classica in Giappone è diversa da quella che si ha nel resto del mondo, perché mette in primo piano l'unicità, la diversità, al posto della simmetria e del decoro riproducente particolari della realtà, giochi di colori ispirati dal momento, dal caso pilotato dalla mano dell'uomo... hanno creato, in proposito, uno stile ed un gusto che si ritrova poi in tutta la storia del Paese del Sol levante, dalle sue prime origini ad oggi.

In Giappone scordate i parametri occidentali

ceramica in Giappone

Per amare il Giappone, come già ho avuto modo di dire, si devono abbandonare i nostri processi mentali, intrisi di pensieri influenzati dalla filosofia greco-romana-cristiana, si deve dimenticare il nostro concetto di bellezza e di armonia, si deve smettere di fare inutili paragoni con la nostra cultura occidentale e, con la testa sgombra da tutto...e con qualche nozione di storia giapponese, si deve cercare di entrare nella mentalità tradizionale del Paese del Sol Levante.
La non conoscenza della tecnica del vetro, poi, ha fatto sì che la ceramica venisse usata per molteplici scopi e non certo solamente ornamentali, tanto è vero che, ad esempio, altissimo fu il suo utilizzo sulla tavola, dove tutto era di terracotta, dalle tante ciotole e piattini utilizzati per il pasto, ai “bicchieri” in cui versare il tè, tutti contenitori decorati spesso con elementi che riportano alla pietanza che conterranno sia per i colori che per la stagione.
Un alto prelato portoghese, alla fine del XVI secolo, in un resoconto su ciò che aveva visto in Giappone, tra le varie annotazioni, diceva che aveva notato vasi strani che in Europa non sarebbero valsi nulla e che invece là erano considerati di valore inestimabile. Probabilmente si riferiva a del vasellame Raku, cioè a quello che veniva, e spesso lo è ancora, usato per la cerimonia del tè, secondo l'idea zen.
Fu, infatti, nel XVI secolo che un artigiano coreano di nome Chojiro inventò una speciale tecnica di produzione di vasi esclusivamente manuale che venivano cotti a temperature più basse, che si invetriavano, con shock termici e si coloravano grazie a particolari reazioni chimiche. Raku significa “vivere il momento con gioia” ed è poi diventato il cognome della famiglia di Chojiro i cui discendenti ancor oggi producono questa pregiatissima ceramica, caratteristica per la sua perfezione nell'imperfezione, per l'unicità del suo pezzo, per i suoi bordi irregolari e le sue bolle o gretti...E' un concetto di bellezza opposto a quello che si ha in occidente, per cui capirete la mia titubanza e iniziale resistenza a comprendere il valore di quei pezzi, dopo una vita passata ad ammirare le porcellane di Ginori o di Sevres.

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