Diario del mio ottavo viaggio in Giappone: il Koya-san

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Un viaggio nel cuore del Giappone più profondo che svelerà modernità e tradizioni antiche andando fuori dalle solite rotte turistiche, senza dimenticare le mete più amate.

Da Nara al monte Koya via Osaka

Stazione Nanba, Giappone

Ci svegliamo presto, infatti dopo la colazione stamani dobbiamo prendere il primo bus navetta dell'hotel in partenza per arrivare alla stazione Kintetsu nel centro di Nara, nel frattempo, visto che ci dovremo spostare ancora di un paio di hotel e che per arrivarvi dovremo fare una gincana di treni locali e linee di metropolitana e funivie decidiamo di spedire una prima valigia (coi panni sporchi ed il superfluo) a Fukuoka dalla mamma di Yumichan, queste spedizioni si fanno comodamente dall'hotel e con una quindicina di euro ci si toglie dagli impicci. E' così che con meno ingombri partiamo in direzione monte Koya, uno dei luoghi più famosi per la spiritualità buddista nipponica, che si trova nella prefettura di Wakaiyama (è per questo che avremo in uso da oggi, per due giorni, un altro pass che ci permette l'utilizzo di moltissime delle linee private nell'intera regione di Kansai), su di in un altipiano poco distante in linea d'aerea, ma che per essere raggiunto ci costringerebbe a scavalcare dei monti o, come appunto faremo, a tornare ad Osaka e da qua risalire l'altra valle verso il luogo sacro...
Il treno da Nara per Nanba via via che ci avviciniamo alla metropoli muta la propria utenza, una volta giunti dobbiamo fare un paio di cambi di metropolitana, con conseguenti spostamenti da una stazione ad un'altra, fino ad arrivare allo scalo ferroviario di Hashimoto da dove partono i treni della compagnia Nankai diretti a Wakayama, monte Koya...detto così è facile ma da realizzare, sopratutto per non perdere le coincidenze, è stata una divertente "follia" correndo come dei matti...

Il monte Koya: dormire al tempio nel Sol Levante

Fudo-in, shukubo, Koya san, Giappone

Arrivamo così dopo un cambio intermedio da dove parte la funivia che collega il mondo su rotaia al monte Koya, si sale pian piano a e si ha davvero la sensazione di lasciarsi il mondo alle proprie spalle. Arriviamo che è quasi mezzogiorno, col bus giungiamo nei pressi del tempio dove passeremo la notte, è uso comune qua, infatti, fare shukubo, cioè dormire in un monastero, e ce ne sono davvero tanti qua che danno questo servizio. Noi abbiamo scelto il Fudo-in per un motivo di comodità, cioè i servizi igenici in camera e le buone recensioni legate alla cena. E' la fine di febbraio siamo in montagna e fa freddo, la massima oggi, infatti, sarà due gradi, ma nei giorni precedenti si è sciolta la scarsa neve caduta quest'anno, però, noi siamo coperti in modo scientifico e così non sentiamo troppo freddo, questo tempio hotel (ma più o meno anche gli altri) è molto bello ha una grande camera di tanti tatami che si riscalda come si vuole, ma da essa per andare a fare la doccia o a mangiare (l'ospitalità è a mezza pensione) si passa dai corridoi che sono a dir poco polari.

Kobo Daishi e il Buddismo Shingon

Danjō Garan, Koya san, Giappone

E' così che mangiati un paio di onigiri ad un solitario, ma onnipresente konbini ci dedichiamo alla visita di una parte del sito, andiamo così al Danjō Garan il complesso templare più grande, ma non il principale, qua ci sono molte strutture, una ventina, risalenti a varie epoche tra cui la prima pagoda in stile tahōtō che caratterizza il buddismo shingon, la tradizione vuole che questa fosse iniziata dallo stesso Kobo Daishi e che le sue forme vogliano traslitterare in architettura un mandala (il cosmo del buddismo)...ma prima di procedere oltre mi rendo conto che forse è meglio sperdere con voi lettori due parole su questo santo bonzo.
Il monaco Kukai (il nome di Kobo Daishi in vita) è nato in Shikoku nel 774 e fu uno dei seguaci di Saicho (il fondatore del buddismo tendai) e proprio con esso andò in Cina per affinare la propria conoscenza della religione buddista, ancora elitaria, al ritorno in patria fonderà un suo buddismo, lo Shingon, appunto, che per primo sincretizza i culti del Budda con quelli Shinto tirandone fuori una religione giapponese, costui, dopo aver lavorato al fianco dei poteri imperiali nella nascente Heian (Kyoto) dove fonda il To-ji a protezione della stessa, poi ritira in montagna sul monte Koya, appunto, dove pone la sede principale delle propria setta e dove muore, prendendo il nome di Kobo Daishi, anzi non muore, entra in profondissima meditazione ed ancora accoglie i pellegrini che lo vanno a trovare (noi c'andremo domani).

Tesori dell'arte giapponese

Le tombe dei Tokugawa, Koya san, Giappone

Detto questo torniamo alla nostra narrazione che ci vede in una giornata davvero fredda ad alternare il tepore dell'autobus del paese, alla scoperta del Koya-san, arriviamo, così alla grande porta, la Daimon, dove due Niou frenano gli spiriti malintenzionati e poi ci rechiamo a vedere le tombe dei Tokugawa, qua sono infatti le "barocche" sepolture di Ieyasu il primo della dinastia (ora direte, ma non era a Nikko? E' anche a Nikko, questa, più piccola è una delle tombe di questo padre della patria che è venerato in forma divina, le cui spoglie sono state divise e sepolte in vari luoghi del Sol levante), e l'altra e del di lui figlio Hidetada, infatti a Nikko l'altra tomba monumentale è del nipote.
Le tombe sono davvero bellissime,, un opera d'intagli splendida e testimonianza dello stile Momoyama, chiediamo appoggio a Ieyasu che aiuta nelle vittorie di ogni tipo e poi proseguiamo nella visita, ma non senza fermarci a giocherellare col gatto del bigliettaio.

Il Giardino di sasso più grande del Giappone

Kongobu-ji, Koya san, Giappone

Da qua ci spostiamo al Kongobu-ji che è il tempio principale dei buddisti shingon, ha preso fuoco, come tante cose in Giappone, più volte, ed è così che su di esso si ergono due grandi mastelli in legno pronti per essere utilizzati...fortunatamente sono alcuni secoli che le fiamme lasciano in pace il nostro Kongobu-ji ed è così che visitiamo il suo interno (gelido ancor di più visto che si deve andare senza scarpe) ci sono dei begli shioji dipinti dai famosi Kano, la famiglia che aveva quasi il monopolio della pittura nel Sol levante e poi qua è un bellissimo giardino in pietra il più grande del Giappone... Prima di tornare al nostro shukubo andiamo a vedere la pagoda più antica del monte Koya (l'altra era la prima come fondazione, ma deve aver preso fuoco) la Pagoda di Kongo zanmai-in (Tesoro Nazionale) circondata da alberi sacri nella loro grandezza...

La shojin ryori la cucina dei monaci buddisti in Giappone

Shojin ryori, Koya san, Giappone

Arrivati alla nostra stanza al monastero, colleghiamo i nostri apparecchi al wifi, è un monastero giapponese, e riscaldiamo con tutto il possibile la nostra stanza, e alle 17,55 passa un giovane bonzo per indirizzarci alla saletta dove mangeremo, io credevo di mangiare in una mensa stile francescano, invece siamo ospitati in una saletta privata con morbidi tatami e shoji dipinti con fiori, gru giapponesi e dorature. Una cena di shojin ryori, cioè la cucina dei bonzi, una dieta totalmente vegetale, vegana, nella stanza da letto c'è un cartello con scritto che i monaci non ammazzano nemmeno le zanzare. Dalle foto vedete che la coreografia è accuratissima, posso anche dirvi che era buonissima, e che alla fine mi ha anche quasi sfamato. Finito il desco andiamo a lavarci. I bagni sono molto belli dei sento in piena regola con docce e vasca enorme. L'unica cosa è che tra questo luogo di refrigerio e la camera il corridoio è sottozero...così è una corsa all'andata ed al ritorno, ma siamo sopravvissuti.

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