Il sumo: la lotta giapponese

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Un viaggio nel cuore del Giappone più profondo che svelerà modernità e tradizioni antiche andando fuori dalle solite rotte turistiche, senza dimenticare le mete più amate.

Un'antica danza rituale alla base della lotta giapponese

Sumo, Giappone

Se pensiamo agli sport giapponesi, ci vengono in mente il Karate e il Judo, ma probabilmente quello che più caratterizza il Paese del sol Levante è, nel nostro immaginario, il Sumo (letteralmente: strattonare) coi suoi giganti in “perizoma”. Il sumo è un tipo di lotta che ha origini rituali ed arriva in Giappone dalla Cina, tramite la Corea, nel VII secolo, simile ad una sorta di danza in cui si simulava un combattimento tra un uomo ed un dio. Venne subito adottato nel rituale shintoista, sotto forma di danze dedicate al dio delle acque, in cui i Kappa, gli ometti anfibi dell'immaginario nipponico, sfidavano gli umani.
Dal secolo VIII, questi riti divengono più stabili e trovano la loro collocazione, nel settimo giorno del settimo mese (quando si festeggia Tanabata), nei giardini imperiali...
Nel primo periodo Heian (secolo IX) i gusti nipponici, influenzati dalle raffinatezze della corte cinese Tang, impongono al sumo nuovi regolamenti e rituali raffinati che diletteranno ancor più la corte imperiale e le classi nobili.

Samurai disoccupati diventano lottatori di sumo

Sumo, Giappone

Nel periodo Edo (XVI-XIX) la pace prolungata che cala sul Giappone spingerà molti esponenti della classe guerriera “disoccupati”, cioè i famosi ronin, i samurai senza padrone, a sbarcare il lunario facendo i killer o i lottatori di sumo. In quest'ultima veste portano le loro esibizioni in piazza e avvicinano il nobile combattimento al popolo, sopratutto alla classe dei commercianti che, in questo periodo, fiorisce nella grande Edo (Tokyo) ed attorno al porto di Osaka. La popolarità del sumo, ormai divenuto una vera e propria lotta spesso con poche regole, farà sì che divenga occasione di disordini sociali sopratutto nella capitale shogunale; è per questo che, nel 1648, uno speciale editto proclamò che il sumo non si dovesse più praticare per strada, visto che nella tenzone si ritrovava coinvolto, spesso, anche il pubblico in mezzo al quale nascevano vere e proprie scazzottate collettive.
Il contravvenire a questo divieto farà sì che, una decina d'anni più tardi, il sumo sia bandito dalle vie di Edo, mentre nelle altre principali città questa lotta continua ad essere organizzata per eventi di beneficenza senza problemi di ordine pubblico.
Il sumo tornerà, più regolamentato, nella futura Tokyo durante i matsuri legati al tempio di Fukagawa Hachiman e le sue gare si svolgevano per otto giorni... su di uno speciale ring (doyho) un po' distanziato dalla folla.

Una lotta rituale è lo sport nazionale nipponico

Sumo, Giappone

Il secolo XVII vede regolamentare questa competizione e nascere vere scuole di sumo in cui si formano lottatori professionisti, spesso samurai al soldo di qualche feudatario, che si scontrano in competizioni sempre legate a feste attorno ai templi.
La rivoluzione Meiji vide emarginare questo sport nello sforzo di occidentalizzare il Paese del sol levante, ma al momento in cui ci si accorse che era bene mantenere una certa identità nazionale fu reintegrato, al punto che oggi è considerato lo sport nazionale.
Il combattimento, che consiste nel tirare fuori dal dohyo l'avversario, attualmente, è regolamentato da tutta una sedie di divieti tipo dare pugni e calci, o tirare i capelli, oltre cacciare le dita negli occhi o dare botte alle parti intime... I lottatori sono divisi in categorie basate sulla bravura e sul numero delle vittorie ed i campioni si chiamano yokozuna e non possono essere retrocessi di grado, mentre gli altri, se non danno buoni risultati, possono scendere in una classe inferiore.
Il sumo di oggi ha i suoi rituali quali quello di battere i piedi a terra con le gambe piegate ad angolo retto, così da scacciare i diavoli; inoltre i lottatori (rikishi) spargono un po' di sale sul luogo della tenzone per allontanare infortuni pericolosi (chissà perché, ma, in tutto il mondo, tirare il sale è scaramantico).

Il sumo oggi globalizzazione e disaffezione in Giappone

Sumo, Giappone

Al giorno d'oggi al sumo è dedicato un campionato nazionale, trasmesso dalla TV, che vede i lottatori impegnanti nei mesi dispari e che si svolge in appositi palazzetti dello sport, in cui un posto in piedi costa 2100 ¥, nelle città di Tokyo (gennaio, maggio e settembre) di Osaka in marzo, di Nagoya in luglio e di Fukuoka in novembre.
Il XX secolo, con l'apertura delle frontiere, ha visto arrivare campioni anche fuori dal Giappone, sopratutto dalle repubbliche ex-sovietiche, dalle isole del Pacifico e dalla Mongolia, tanto è vero che gli ultimi yokozuna sono tutti stranieri: provenienti dalle steppe mongole e dalle Hawaii. Negli ultimi mesi però si è riaffacciato anche un campione giapponese che ha ottenuto il prezioso titolo dopo 19 anni di vacanza nipponica costui si chiama Kisenosato e con esso si è riacceso l'interesse sul sumo anche tra chi non lo segue abitualmente.
I lottatori non giapponesi, per partecipare al campionato, devono mutare il proprio nome in uno nipponico che, magari, ricordi da dove provengono e così, tra i tanti, abbiamo anche Sunaarashi , un egiziano il cui nome di battaglia significa tempesta di sabbia.
Il sumo, oggi, ha un po' perso il contatto coi giovani, infatti la corporatura enorme dei lottatori non è vista come un motivo di bellezza dalla civiltà contemporanea che ha degli standard globalizzati, per cui i ragazzi preferiscono dedicarsi al baseball ed al calcio; per iniziare la carriera di lottatori di sumo, infatti, si deve partire da un'altezza minima di 170 cm e da un peso di 82 Kg...ma i veri campioni superano spesso i 200Kg!
Yumiko, quando, nella sua Fukuoka, siamo andati in visita al tempio Kushida, mi ha fatto vedere due enormi massi che gli yokozuna tentano di sollevare, un gesto che servirà a portare abbondanza ai raccolti e sopratutto a testimoniare la forza dei campioni. Lei, però, mi ha detto di non aver mai seguito questo sport tradizionale e che nessun suo amico ha questa passione...mentre la sua nonna ne è una tifosa appassionata.

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